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Foxcatcher – la recensione

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Foxcatcher inizia come il classico film sportivo a tema olimpico: abbiamo due atleti già leader nella categoria, due fratelli (Mark Ruffalo e Channing Tatum) che si allenano con costanza e dedizione per mantenere il loro primato nella categoria di lotta greco romana. Poi abbiamo un benefattore, John E. du Pont (Steve Carrell), un ricco miliardario che offre al più giovane la possibilità di acquisire la sua autonomia, scatenando però il conflitto e le gelosie latenti nel rapporto tra i fratelli. 

Come nel precedente “l’Arte di Vincere”, l’adesione del film di Bennett Miller al genere retorico e celebrativo dei giochi olimpici è puramente formale. Foxcatcher non è una storia di riscatto dell’atleta, bensì una lucidissima e brutale analisi sul potere che i soldi hanno di malleare e piegare le logiche nobili dello sport e sull’influsso che la mitologia moderna americana ha sulle menti di chi si sente figlio del cuore nobile della nazionale.

Quietamente brutale, Foxcatcher forse è un film che non si avrà il coraggio di vedere una seconda volta, ma contiene una grande storia, una regia cinica e potentissima, senza contare le grandi interpretazioni dei tre protagonisti, compresa l’inaspettata perfomance di Channing Tatum. Decisamente una pellicola da recuperare.

Il film uscirà nelle sale italiane il 12 marzo. 

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