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Coronavirus, “avete salvato mio papà!”: il grazie del massaggiatore del Sassuolo all’ospedale di Saronno

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SARONNO / SASSUOLO – Leonardo Belotti, fisioterapista del Sassuolo calcio in serie A, ha voluto pubblicamente ringraziare i sanitari dell’ospedale di Saronno, dove era stato ricoverato in gravi condizioni sui padre, per il coronavirus.

Ecco la lettera che Leonardo ha affidato ai social.

14 maggio 2020. Per molti potrebbe essere una semplice data… per me è il giorno della rinascita… Sì perché oggi il mio papà ha vinto la sua più grande battaglia. incubo che una mattina ha deciso di entrare nella mia casetta a Bergamo in Val Seriana ad Albino proprio lì, vicino a quell ormai famoso Alzano Lombardo.
Era la sera del 7 marzo quando mia sorella mi scrisse “Il papà ha la saturazione a 82… lo stiamo portando in ospedale”. Mi sento impotente, non posso tornare a Bergamo. Resto fermo immobile in attesa di notizie…. e le notizie arrivano “ papà sta peggiorando… respira a fatica… è con la mascherina dell ossigeno 15 litri …” Passano le ore… “ no no richiamate più tardi siamo incasinati non possiamo dire nulla…”

E tu sei fermo lontano… papà non riesce ad usare il cellulare… la batteria si sta scaricando e la rete prende poco… Passano le ore…. “Belotti lo abbiamo dovuto mettere sotto il casco Cpap… fatica a parlare è sofferente…” Provo a tenere su il morale di papà scrivendogli un messaggio al minuto... L’ultimo messaggio glielo scrivo il 9 marzo durante Sassuolo-Brescia… “papà ha segnato Caputo, stiamo vincendo. Forza forza non mollare!”

Risposta: bravi siete forti... Da lì in poi le spunte VV di whatsapp restano sempre grigie.… le chiamate non hanno mai una risposta e il giorno dopo un medico ci dice: “papà è molto grave dobbiamo intubarlo… verrà trasferito a Saronno”. Per 15 giorni ho contato i minuti… mi dicevano che papà respirava solo grazie ad una macchina che i polmoni non funzionavano e che la vita era appesa ad un filo. Mi svegliavo andavo in chiesa tutti i giorni e pregavo… tornavo a casa piangevo mangiavo dormivo e vivevo con il cellulare in mano per aspettare quella chiamata di 30-40 secondi nella quale avevo imparato soltanto una parola “stabile”… Mi avevano portato via il mio papà senza nemmeno salutarlo… senza potergli stare vicino…. mi ritrovo da solo a passare intere giornate a leggere i messaggi dei miei amici più cari… di tutte quelle persone che mi sono state vicine e mi hanno dato la forza di non arrendermi mai e di crederci sempre perché una piccola speranza c era…

Fu proprio così … il 24 marzo mi arriva un messaggio dalla dottoressa… “lo abbiamo stubato… il papà è tornato a respirare da solo”. Il mio eroe c’è l’ha fatta. La prima cosa che ha detto ai medici quando si è risvegliato è stata: “Voglio tornare a casa a lavorare”. Riconosco allora che è ancora il mio papà… passano i giorni e le condizioni migliorano e oggi dopo più di 65 giorni di ospedale il miracolo si è compiuto e finalmente papà è tornato a casa e questo è merito di tutti quei medici e gli infermieri che non lo hanno mollato un attimo e lo hanno sempre sostenuto con i loro sorrisi. Semplicemente grazie!

Questa esperienza mi ha fatto crescere molto e ha cambiato qualcosa dentro di me… in questo periodo molte persone non c’è l’hanno fatta, sono caduti lottando mentre altre sono ancora negli ospedali e stanno combattendo tra la vita e la morte. So quello che state passando e vi dico solo di non arrendervi mai perché il mio papà mi ha insegnato proprio questo, a non mollare mai anche quando tutto sembra finito… non smettete mai di sognare perché soltanto una cosa rende impossibile un sogno… La paura di fallire. Siate forti.

17052020

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