VARESE – Una stagione da dimenticare “la peggiore che si ricordi da 40 anni a oggi, addirittura rispetto al 2017 , altro anno nero”. Sono scoraggiati e preoccupati gli apicoltori del Varesotto che pagano ancor più caro il tracollo di un settore che, in tutta Italia, ha portato quest’anno al dimezzamento della produzione per effetto dell’andamento climatico anomalo che non ha risparmiato gli alveari e fatto soffrire le api.
“In provincia di Varese è andata ancora peggio: il raccolto della varietà acacia, utilizzata anche per la produzione del Miele Varesino Dop è, di fatto, saltato, con perdite medie del 90%. E anche per il castagno la stagione è stata molto sottotono” indica Maria Mineo Soldavini. “I danni economici sono ingenti e destinati ad aumentare, dato che le api, stremate, si trovano ora di fronte all’arrivo della stagione fredda. Occorrerà alimentarle artificialmente, e si aggiungeranno ulteriori costi importanti per le imprese. Siamo tutti impegnati a salvare gli insetti dal peggio: le api, infatti, sono un indicatore sensibile e importante dello stato di salute dell’ambiente”.
Il 2019 è stato un anno da dimenticare: secondo un’indagine di Coldiretti Varese in occasione dell’arrivo di una nuova ondata di maltempo, il 2019 è stato segnato fino ad ora da oltre 1100 eventi meteo estremi lungo la Penisola fra grandinate, trombe d’aria, tempeste di acqua e vento e ondate di calore, con un incremento di oltre il 56% rispetto all’anno precedente.
Una situazione che non ha fatto eccezione nella provincia prealpina e ha sconvolto la vita delle api che sono sentinelle dell’equilibrio naturale globale e della biodiversità con l’alimentazione, che – ricorda la Coldiretti provinciale – dipende per oltre un terzo da coltivazioni impollinate attraverso il lavoro di insetti. Leapi vi concorrono per l’80% a conferma del ruolo insostituibile svolto da questo insetto tanto si dice che Albert Einstein sosteneva che: “se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”.
“L’annata 2019 sta prospettandosi per il territorio della provincia di Varese come la più critica e problematica di sempre a causa dell’andamento climatico anomalo” aggiunge il presidente della Coldiretti prealpina Fernando Fiori. “Al caldo e siccità nei primi mesi primaverili sono seguite copiose precipitazioni, unite ad un significativo calo termico per buona parte del mese di maggio che hanno compromesso le fioriture mentre nell’estate bollente si sono verificate violente ondate di maltempo”.
Le api non hanno avuto la possibilità di raccogliere il nettare e il poco miele che sono riuscite a produrre lo hanno mangiato per sopravvivere: il risultato è che quest’anno la produzione del territorio risulta decimata, mentre le importazioni crescono. A livello nazionale, gli arrivi di miele estero sono risultati pari a 9,7 milioni di chili nel primi cinque mesi del 2019 secondo elaborazioni Coldiretti su dati Istat dalle quali si evidenzia che circa la metà arriva dall’Ungheria e quasi il 10% dalla Cina.
Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità “occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica” consiglia la Coldiretti. Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta – continua la Coldiretti – deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”.
In Italia – spiega la Coldiretti – esistono più di 50 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Nelle campagne italiane ci sono 1,4 milioni gli alveari curati da 51.500 apicoltori di cui 33.800 circa produce per autoconsumo (65%) e il resto con partita iva che producono per il mercato (35%).