SARONNO – In questa seconda ondata di coronavirus, un ruolo centrale nel dibattito politico è rappresentato dall’app per il telefonino, “Immuni”: l’applicazione utile a sapere se si è entrati in contatto con un positivo, in modo da potere intervenire tempestivamente sotto la guida del proprio medico curante. Vedere la notifica di un’importante comunicazione da parte dell’app può essere indubbiamente causa di forte preoccupazione. E smarrito si è sentito un trentenne saronnese quando, il 6 ottobre scorso, ha ricevuto la notifica sul suo telefonino che lo avvertiva di un contatto con un positivo avvenuto la settimana precedente.
Allora comincia la conta delle persone incontrate: amici per una partita a calcetto, giornate da Ikea, bar e persino un ospedale, luogo in cui il giovane lavora. Nessun sintomo, ma, dopo diverse chiamate, riesce a prendere appuntamento per un tampone che verrà effettuato al nosocomio di Novara, dove l’intero staff si sta sottoponendo al tampone. “Mi sentivo un imbucato – racconta il saronnese – sapevo il luogo ma non l’ora. Non ero sereno. Non ha aiutato il fatto che su sette clinici con cui avevo parlato, nessuno ha mai capito il motivo della mia preoccupazione: sembrava che nessuno sapesse ciò di cui stavo parlando”. Sembra la conclusione di questa storia, ma così non è. L’Ats di Rho contatta il giovane: forse il tampone è stato fatto troppo precocemente, ha bisogno di quattordici giorni di incubazione del virus perché risulti positivo. Ecco perché viene disposto un secondo tampone, stavolta all’ospedale Sacco di Milano; nel mentre, il trentenne è in quarantena fiduciaria. “Ho ricevuto una chiamata da Novara: ero negativo. Una telefonata di quindici secondi, nessuna mail, nessun sms. Ho controllato il mio Fascicolo sanitario elettronico: non risulta alcun tampone effettuato” racconta l’interessato.
Tuttavia, tutto è bene quel che finisce bene: anche il secondo tampone risulta negativo, lasciando il giovane privo di ulteriori dubbi; è negativo al coronavirus.
(foto archivio)
19102020