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Fury – la recensione

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Per meriti artistici e inclinazioni biografiche, David Ayer è un grande narratore dello spirito che anima i ranghi dei corpi militari, il cameratismo, l’amicizia, la comunanza di fronte a un nemico comune. Fury è l’ulteriore prova di questa inclinazione e nel fatto che sviluppando un progetto sui propri punti di forza, ne uscirà facilmente un gran bel film.

Wardaddy (Brad Pitt) guida una compagnia di carristi che sta debellando dalle trappole tedesche le strade che stanno conducendo l’esercito degli alleati a Berlino, cuore della Germania nazista. Compito quasi suicida, data l’inferiorità tecnologica dei carri armati americani e l’ardore con cui i nazisti si ostinano a macchiare di sangue nemico e del proprio ogni metro di terra tedesca. L’arrivo di Norman (Logan Lerman), una giovane recluta che subentra al caduto nell’ultima, drammatica missione, instaura nuove dinamiche all’intero dei 5 che guidano il carroarmato Fury. 

Anche se meno innovativo di un piccolo classico recente come Zero Dark Thirty, Fury è una pellicola davvero riuscita del genere, che non mancherà di ammaliare gli amanti dei fim militari. Intenso, realistico, ma non privo di un’estetica interna fatta di sangue, fango e violenza, Fury è una delle migliori uscite di questo giugno.

Nei cinema dal 3 giugno 2015.

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